Elsa Morante, l’incantatrice. È questo il titolo di una recente biografia dedicata alla grande scrittrice da Rossana Dedola, che lo scorso 24 novembre nell’Aula magna del Liceo Newton ha incontrato alcuni studenti delle classi quarte e quinte delle scuole chivassesi, all’interno della rassegna “Chiavi di lettura”.
Rossana Dedola, studiosa di Letteratura, già ricercatrice presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, oggi analista junghiana a Zurigo, ha provato dunque a replicare l’incantesimo della scrittura morantiana davanti a una platea di ragazzi molto attenti, che nella maggior parte dei casi si accostavano per la prima volta così da vicino alla storia e all’opera di questa scrittrice.
Dedola, dialogando con Antonella Calzavara, docente di Lettere del Liceo Newton, ha ripercorso alcuni nodi della biografia della scrittrice, che nel suo libro vengono affrontati attraverso un’accurata ri-lettura dell’ampia bibliografia (a disposizione dei lettori, ma spesso più destinata alla nicchia dei critici), ma soprattutto per mezzo di un’analisi puntuale di carteggi e dichiarazioni (spesso inedite), di una scrittura “privata”, insomma, che aiuta a dare conto delle numerose contraddizioni di questa musa inquieta e a sfatare una serie di miti e pregiudizi da subito associati al temperamento e allo stile di Elsa Morante; insieme a questo, la biografia di Dedola ricostruisce secondo un doppio asse cronologico e tematico il contesto (anzi, i contesti) entro cui si dipana la scrittura di Morante, contribuendo così a rispondere a una domanda decisiva per un giovane studente: perché leggere Elsa Morante?
L’incontro, che nella parte conclusiva si è trasformato in un dialogo con i ragazzi presenti, ha costituito anche un’occasione per confrontare l’opera dell’incantatrice Morante con quella di altri scrittori del suo tempo, e non solo: da un lato, ovviamente, con Alberto Moravia, Natalia Ginzburg, Pier Paolo Pasolini; dall’altro, con autori a cui Dedola ha dedicato studi importanti: per esempio con una scrittrice come Grazia Deledda, a torto considerata antimoderna e ottocentesca, di cui Dedola rivendica con energia la grande attualità, ma anche con uno straordinario narratore delle paure e degli incubi della crescita come Carlo Collodi, la cui lettura è spesso stravolta dalla rivisitazione disneyana, che ha cancellato gli aspetti simbolici più profondi di Pinocchio a vantaggio di una lettura anodina e consolatoria.